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Il problema occupazione

L'altro elemento di grande importanza e preoccupazione che inizia a stagliarsi all'orizzonte è la capacità di tenuta occupazionale del settore.

Gli accorpamenti in cantiere finiranno per produrre inevitabilmente esuberi di personale. "In banca le economie di scala si realizzano solo a patto che si riducano i dipendenti" sostengono vari ed illustri esperti che ritengono esuberanti 20mila o anche più posti di lavoro. Il Sindacato respinge tali ipotesi chiedendo alle controparti una forte politica di formazione del personale per coprire una più ampia quota di attività ancora inespressa e per spingere le banche verso quella dimensione polifunzionale, secondo il sistema anglosassone, o addirittura universale come il modello tedesco. Il nodo degli esuberi è ancora di larga attualità e lo sarà ancor più nel futuro, essendosi ormai pressoché esaurito l'ampliamento della rete attraverso l'apertura di numerosi sportelli leggeri. La politica di privatizzazione delle banche che avanza, il confronto con i Paesi europei e l'affiorare di qualche preoccupante situazione di crisi accentuerà da qui in avanti il problema occupazionale. Proprio in concomitanza di questi grandi cambiamenti che si preannunciano, la FALCRI fa sentire in modo sempre più insistente la sua voce per la partecipazione dei lavoratori alle scelte dell'impresa, sia attraverso la strada delle acquisizioni di quote azionarie, sia attraverso forme legislative.

Le stesse scelte del Sindacato che, come abbiamo già detto, dall'antagonismo lo portano a percorrere la strada della concertazione rendono, secondo la FALCRI, ormai possibile per il Sindacato varcare la soglia delle stanze in cui si formano le decisioni. Forte di tale convinzione, commissiona ad esperti un progetto per l'acquisizione di quote azionarie da parte dei lavoratori, lo presenta alla stampa alla presenza del Presidente dell'ACRI e ne fa uno dei temi dell'11° Congresso Nazionale in cui celebra il 40° anno di vita, forte di un notevole trend di crescita. Il progetto viene momentaneamente accantonato per il terremoto che sconquassa l'Italia dal punto di vista politico ed istituzionale unitamente alla crisi economica che attanaglia il Paese. Anche il rinnovo del contratto di lavoro subisce per tali motivi un ritardo di ben due anni ma nel frattempo vengono introdotte delle regole fondamentali nel mondo del lavoro. Il metodo della concertazione produce, dopo grande travaglio e momenti di tensione, un accordo tra Sindacato Confederale, Confindustria e Governo nella veste di garante, che sarà successivamente sottoscritto anche dai sindacati autonomi e da altre associazioni datoriali, comprese Assicredito ed ACRI.

Il Protocollo del 23 luglio 1993 elimina anzitutto il meccanismo di scala mobile con l'intento di tenere sotto controllo l'inflazione ed inserire un processo virtuoso di occupazione e sviluppo economico. L'obiettivo finale è di varare una politica dei redditi che armonizzi prezzi e tariffe salvaguardando, così, i livelli retributivi dei lavoratori dipendenti. Al solito, però, i sacrifici richiesti a questi ultimi precedono e di molto i benefici ed infatti si registrano inquietanti fenomeni di recessione economica, per la caduta della domanda interna, con riflessi sull'occupazione. Il Sindacato paga quindi un duro prezzo ma si pone come un pilastro insostituibile nelle catastrofiche condizioni in cui si trova l'Italia.